Roma, 13 Mag 2020 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Mario Arpino – Tra il 1999 e il 2000, circa 600 militari italiani si distinsero nell’ambito della missione Onu a Timor Est, a 16mila chilometri da casa. Segue. – Il dibattito sulla strategia per le missioni internazionali, che purtroppo si anima solo una volta l’anno in occasione del loro finanziamento, oggi è soprattutto concentrato sull’attualità di Afghanistan, Iraq e Libano, senza però trascurare Libia, Balcani, Corno d’Africa e Niger.
STRATEGIE E INTERESSE NAZIONALE. Qui casca l’asino, perché una prima difficoltà, almeno per noi, è individuare con chiarezza quale sia questo interesse. A noi difficilmente qualcuno dice “Italy first”. O magari lo dice, ma poi il governo successivo cambia idea. Si era cercato di preparare come guida un bel Libro Bianco, ma il disinteresse politico ha portato al fallimento del nobile tentativo.
Eppure, se è vero che con le missioni internazionali si tratta anche di consolidare l’immagine del nostro Paese, l’interesse nazionale non può limitarsi a petrolio, gas e migranti.
Occorre lavorare su concetti più ampi, senza per questo pretendere di convertire tutto il mondo alla democrazia o all’osservanza di sacrosanti (per noi) principi universali. Però, per mantenere alta la bandiera della nostra cultura, a volte, può essere necessario intervenire selettivamente anche senza un immediato ritorno materiale.
È già accaduto. Lo stiamo facendo ancora oggi (speriamo per poco) nella nostra missione più lunga, in Afghanistan. Ma l’avevamo fatto anche vent’anni orsono nella nostra missione più corta e lontana: cinque mesi a Timor Est. L’articolo completo prosegue qui >>> https://formiche.net/2020/05/timor-est-missione-arpino/
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