Roma, 17 Ott 2018 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Stefano Panato – L’Italia è fra i Paesi che nell’ultimo quarto di secolo che hanno ridotto maggiormente gli investimenti. (Segue articolo). – L’argomento missili nel nostro Paese ha viaggiato sempre “sotto traccia”, eppure abbiamo una industria di prim’ordine. Se ne parla ora per le polemiche politiche sorte intorno al programma CAMM-ER, che sta per: “common anti-air modular missile-extended range” una sigla che ai più dice poco.
Stupisce che le attuali discussioni trascurino la valenza eminentemente difensiva del programma, che dovrebbe invece essere premiale nella visione strategica del nostro Paese che ha bandito il concetto di attacco anche dal lessico comune.
Ma andiamo con ordine. Nel contesto delle operazioni militari la difesa e l’attacco sono due distinti momenti tattici cui corrispondono due diverse predisposizioni fisiche e mentali.
Pur distinti, difesa e attacco sono però inscindibili: l’una non avrebbe senso senza l’altro. Così come non avrebbe senso la lancia – che dell’attacco è il paradigma – senza lo scudo, altrettanto vale per l’opposto.
È un dato di fatto che buona parte dei “dividendi” derivanti dalla fine della “guerra fredda” siano stati pagati dal drastico ridimensionamento dello “scudo”.
In sostanza, nel generale ridimensionamento delle spese della difesa è avvenuto che i tagli degli investimenti nella componente missilistica, sia di quella basata a terra sia di quella imbarcata sui mezzi aerei, siano stati proporzionalmente più ingenti rispetto ai tagli in altri settori.
È questa una situazione che si riscontra, pur con diverse accentuazioni, in quasi tutti i Paesi della NATO. L’articolo completo prosegue qui >>> http://www.difesaonline.it/evidenza/approfondimenti/parliamo-di-missili-riflessioni-su-una-capacit%C3%A0-negletta