Roma, 03 Lug 2018 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Fausto Biloslavo – Intervista al parà, medaglia d’oro, a 25 anni dal ferimento in battaglia a Mogadiscio. Seguiamo. – Gianfranco Paglia, paracadutista, è una medaglia d’oro al valor militare rimasto paralizzato nei combattimenti del 2 luglio 1993 in Somalia.
Oggi indossa sempre la divisa come consulente del ministro della Difesa soprattutto sui feriti d’Italia.
Venticinque anni dopo il check point Pasta c’è qualcosa da raccontare, che non è mai stato detto sulla battaglia a Mogadiscio?
«La domanda andrebbe rivolta a chi ci governava 25 anni fa. Posso dire, però, che quando i guerriglieri hanno aperto il fuoco facendosi scudo con donne e bambini è vero che potevamo usare subito le armi pesanti, ma poi come avremmo continuato a guardarci ogni mattina allo specchio?».
Cosa non dimenticherà mai della battaglia?
«Il momento più drammatico è quando un razzo Rpg ha colpito il mezzo cingolato davanti al mio. Abbiamo visto la fiammata ed il capitano Paolo Riccò, che tirava coraggiosamente fuori Pasquale Baccaro uno dei tre caduti».
E quando è rimasto ferito?
«Ero con il busto fuori dal mezzo e stavo sparando. Un proiettile mi ha colpito alla schiena. La paralisi è stata immediata. Non riuscivo neanche a parlare, anche se non ho mai perso i sensi».
Oggi a Mogadiscio abbiamo una missione di addestramento. Però il Paese è sempre instabile, in guerra con i terroristi Shabab. Qualcosa non funziona nelle cosiddette missioni di pace?
«Sono missioni per portare la pace, ma se ti attaccano combatti. Nelle operazioni all’estero da una parte aiutiamo la popolazione e dall’altra combattiamo ovvero facciamo i soldati. Questo non vuol dire essere guerrafondai, ma bisogna guardare in faccia la realtà». L’intervista prosegue qui >>> http://www.ilgiornale.it/news/politica/militare-dico-non-abbandonare-kabul-1547464.html