L’esercito che non c’è: Il punto di Paolo Palumbo

Roma, 25 Ott 2018 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Paolo Palumbo – Leggiamo di seguito. – Negli anni Ottanta l’esercito italiano fu chiamato dalla comunità internazionale alla guida della prima missione fuori dai confini nazionali dopo la seconda guerra mondiale.

Buona parte del contingente mandato in Libano, comandato dal generale incursore Franco Angioni, era composto da soldati di leva ad esclusione degli incursori del 9° “Col Moschin” e dei carabinieri del battaglione “Tuscania”.

Mandare all’estero, in zona di guerra, dei coscritti fu un azzardo per il governo d’allora il quale, timoroso di offendere le famiglie italiane, tinteggiò il contingente ITALCON di bianco per assicurare i libanesi, ma soprattutto le mamme italiche, che si trattava essenzialmente di una missione di pace.

La macchina della propaganda si mosse affinché in patria, ma anche all’estero, la presenza italiana in Libano fosse vissuta come una incarico unicamente umanitario dove i soldati, armati per convenzione, portavano assistenza, cibo e aiuto alla popolazione martoriata dalla guerra.

Tutti erano dunque convinti di questo, però c’era un particolare poiché per le strade di Beirut qualcuno non era d’accordo con questa visione arcobaleno della guerra, prendendosi la briga – spesso nelle ore notturne – di sparare sui civili e i militari addetti alla loro protezione!.

Il generale Angioni lo sapeva, anche i fanti e bersaglieri lo sapevano, ma quelli che vivevano direttamente il fuoco nemico erano gli incursori del Nono i quali, senza troppi fronzoli, scendevano in pattuglia armati e pronti a fare fuoco per respingere i fedayyn e soccorrere i profughi e i connazionali. L’articolo completo prosegue qui >>> http://www.difesaonline.it/evidenza/editoriale/lesercito-che-non-c%C3%A8

 

 

 

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