Roma, 19 Nov 2019 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Gianandrea Gaiani – Un po’ di chiarezza sui compiti assegnati alle nostre forze speciali. Segue. – Il ferimento di cinque incursori delle forze speciali di Esercito e Marina ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica il ruolo delle truppe italiane rimaste in Iraq dopo la caduta di Mosul e del Califfato. Circa 900 militari rispetto ai 1.600 presenti fino al 2018, con componenti dedicate all’addestramento delle forze curde e della polizia irachena, reparti aerei ed elicotteristici e la Task Force 44 di forze speciali.
A differenza di quelli alleati della Coalizione, il contingente italiano non ha mai avuto compiti di combattimento ma solo di addestramento, consulenza militare, intelligence, sorveglianza e ricognizione aerea.
Il ferimento dei 5 militari, abbinato al coincidente sedicesimo anniversario dell’attacco terroristico qaedista contro la base italiana a Nassirya, ha rappresentato nella sua tragicità un’occasione per fare un po’ di chiarezza, senza cortine fumogene politicamente corrette, sui compiti assegnati alle nostre forze speciali (in Iraq come in Afghanistan)ma ha visto invece visto ribadire i soliti triti e ritriti “master messages” circa i nostri militari “buoni” e impegnati a svolgere missioni “di pace”, attività solo addestrative o in ogni caso non letali.
Circa il ferimento degli incursori le poche notizie rese note dalle autorità hanno riferito che l’ordigno esplosivo ha colpito i soldati mentre si trovavano a piedi (anche se le ferite agli arti inferiori comuni a tutti i feriti indicavano chiaramente che si trovavano a bordo di un veicolo al momento dell’esplosione) al termine di una missione addestrativa al fianco delle unità speciali curde…L’articolo completo prosegue qui >>> https://www.analisidifesa.it/2019/11/quelle-verita-scomode-sulle-missioni-in-iraq-e-afghanistan/
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