Roma, 12 Mag 2021 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Andrea Pressendo – I bombardamenti atomici spinsero il Giappone alla firma della resa incondizionata con gli Stati Uniti d’America. (Segue articolo). – Son passati ben 76 anni da quando, nell’estate del 1945, detonavano sul Giappone due bombe atomiche. “Little Boy” e “Fat Man” esplosero sul territorio nipponico, la prima su Hiroshima il 6 agosto mentre quella su Nagasaki, il 9 agosto.
L’impatto che ebbero sulla storia fu davvero qualcosa di devastante, al punto che si parlò per la prima volta di armi di distruzione di massa. Come già trattato negli articoli precedenti, il lavoro che portò alla creazione di un arsenale così potente quanto distruttivo, fu correlato di molteplici personalità, a partire dal team del progetto Manhattan.
Fu anche un modo bellico per comunicare ai futuri antagonisti, come i sovietici, che gli USA ancora una volta erano stati più avanti in tutto e con una mossa a sorpresa, erano riusciti a sbaragliare i nemici giapponesi ed ad obbligarli alla resa finale, firmata poi sulla celeberrima USS Missouri, il 21 agosto 1945. Possiamo quindi evincere che, l’utilizzo delle WMD per la prima volta nella storia, definì l’inizio di una nuova epoca.
Il contesto bellico – strategico dell’epoca. Come già affermato, l’impiego delle bombe atomiche era stato definito dall’urgenza di terminare (il prima possibile) il secondo conflitto mondiale nell’area del Pacifico.
La conquista dell’isola di Okinawa era stata il degno pretesto per l’utilizzo di tali armamenti: per conquistarla vi morirono ben 70mila soldati statunitensi. Inoltre, l’operazione Downfall, volta ad invadere il Giappone, avrebbe
comportato un rischio esagerato a livello di perdita di vite umane: occorreva trovare assolutamente una soluzione. L’articolo completo prosegue qui >>> https://www.aresdifesa.it/hiroshima-e-nagasaki-uno-sguardo-in-retrospettiva