Tatuaggi: Respinti i ricorsi di chi è stato scartato ai concorsi per agenti della Polizia di Stato

Roma, 11 Ago 2020 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Luca Fazzo – “Sono segni sulla pelle quindi non arruolabili”. Seguiamo. – L’ultima sentenza è del 13 luglio, Tar del Lazio: un altro sogno da poliziotto buttato nel cestino, un giovane italiano che con il suo tatuaggio era stato arruolato nell’esercito, aveva fatto i suoi quattro anni di naja, aveva fatto il concorso per accedere alla Ps riservato agli ex militari.

E si era visto scartato per colpa di quel piccolo tatuaggio sul polso, cinque centimetri per uno di altezza, mezzo cancellato dal tempo e dal laser. Poco importa, per il Tar: «Risulta incontrovertibilmente la visibilità dei tatuaggi, ancorché in fase di rimozione, in parti del corpo non coperte dall’uniforme».

Ricorso respinto, dunque. Sull’onda di una linea dura che, dopo alcuni anni di apertura, il Consiglio di Stato il 9 marzo scorso aveva imposto sul delicato rapporto tra uniforme e tatuaggi, «anche se di dimensioni ridotte e in corso di rimozione»: tolleranza zero, a meno che la zona di epidermide decorata non sia così intima da non esporsi neanche in maglietta da ginnastica.

Chi ha ceduto alle lusinghe dell’ago e dell’inchiostro si trovi un altro lavoro, anche se tutto il resto dice che sarebbe un ottimo carabiniere e poliziotto.

Cosa abbia convinto il Consiglio di Stato nel marzo scorso, nel pieno del lockdown, a varare una linea rigida contro i tatuaggi è un mistero. Perché se è vero che qualche decennio fa, quando i tatuaggi erano patrimonio dei marinai e dei galeotti, il divieto aveva un senso ovvio, è altrettanto ovvio che i tempi sono cambiati. L’articolo completo prosegue qui >>> https://www.ilgiornale.it/news/politica/scure-tar-sui-poliziotti-fuori-chi-ha-tatuaggio-1882570.html

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