Roma, 24 settembre 2024 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – Il TFS diventa un odissea per il lavoratore che accede alla pensione, oltre ai ritardi nel pagamento, la tassazione che grava sui TFS riduce di molto il netto pagato dopo tanto tempo.
Ebbene, la rilevazione del 2022 (ultimo anno disponibile), ci dice che quell’anno sono andati in pensione 111.467 dipendenti pubblici, 53.023 per sopraggiunti limiti d’età e 64.467 per dimissioni con diritto a pensione (quota 101 e altri meccanismi vari di prepensionamento). I primi avevano diritto a ricevere fino a 50 mila euro lordi del loro Tfr/Tfs dopo 12 mesi dal passaggio in quiescenza (la cifra rimanente la dovrebbero ricevere dopo altri dodici mesi), i secondi potevano invece a ricevere i propri soldi, sempre a rate, ma solo due anni dopo il conseguimento dell’età massima pensionabile (il che significa che si può attendere anche cinque anni).
Ebbene, tutti gli studi fin qui eseguiti ci dicono che mettendo insieme le due categorie, l’attesa media per ottenere la buonuscita è di almeno tre anni. 36 mesi per avere circa 75 mila euro, perché, con buona pace dei polli di Trilussa, le statistiche ci dicono che a tanto ammonta la cifra media di Tfr e Tfs di un lavoratore dipendente. Se calcoliamo, quindi, che anche nel 2023, nell’anno in corso e nei prossimi anni, le uscite saranno più o meno le stesse del 2022, possiamo vedere che ogni anno, considerando anche i vari meccanismi di ritardato pagamento, dovrebbero essere erogati in Tfr/Tfs circa 9,2 miliardi di euro lordi. Sì, lordi, perché il 20% di quella cifra rimane comunque nelle casse del Tesoro, perché trattenuta in tasse. I miliardi effettivamente erogati, quindi, sono circa 7,4. Molti di più, però, sono quelli trattenuti in stand by.
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