Roma, 10 gennaio 2024 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – I militari che hanno partecipato alle missioni in Kosovo ricevono ancora umiliazioni, dopo aver scoperto la loro grave malattia derivata dall’uranio.
L’uranio impoverito è uno scarto del procedimento nucleare. Ha un peso specifico tre volte superiore all’acciaio, ha un potere cinetico importante, buca corazze di veicoli blindati e strutture di cemento armato. È filiforme, prende fuoco e sviluppa temperature dai 3 ai 6mila gradi nel corpo. Dopo aver perforato quello che trova, crea un aerosol di micron che si disperdono nell’aria, nel sottosuolo, nelle falde acquifere ed entra nel derma.
Va in circolo nel sangue e quelle microparticelle si raggruppano e creano un’infiammazione che non può essere risolta dal nostro corpo naturalmente: parte l’inversione cellulare e nasce così la neoplasia”. Gianluca (nome di fantasia) sottufficiale dell’Esercito, ha 40 anni quando a settembre del 2017 riceve quella diagnosi che gli arriva addosso proprio come quel proiettile che buca e fonde quello che trova, senza fermarsi di fronte ad alcuna barriera: “Hai un liposarcoma mixoide di II grado” gli viene detto, e cambia tutto.
Un tumore molto raro che nasce e cresce nel corpo di Gianluca che insieme a tanti altri militari come lui è andato in Kosovo in missione, in quelle terre e aree che al tempo, tra il 1997 e il 1998, sono state appena lasciate dagli americani e dai loro armamenti. Oggi è stato finalmente riconosciuto vittima del dovere, ma la storia è tutt’altro che conclusa: la commissione medica gli ha riconosciuto una percentuale bassissima del danno avuto dalla malattia.
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