Roma, 14 Nov 2018 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Giuseppe Cucchi – Leggiamo di seguito. – Allorché si parla di Difesa, e del modo in cui un qualsiasi Stato provvede ad assolvere questo obbligo, la prima distinzione che viene fatta è quella che tradizionalmente suddivide la difesa in “difesa esterna ” e “difesa interna”.
La prima, affidata alle Forze Armate, è centrata sul territorio e gli spazi aereo e marittimo nazionali ma può altresì essere proiettata in altre parti del mondo in cui il paese ritenga opportuno difendere suoi interessi di particolare rilievo e comunque minacciati.
La seconda invece rimane confinata strettamente entro i limiti delle nostre frontiere ed è affidata ai vari corpi di Polizia, primi fra tutti i tre più grandi di essi , vale a dire Polizia di Srtato, Carabinieri e Guardia di Finanza.
Si tratta però di una distinzione che si è rivelata da tempo più tradizionale che reale. Già la cosiddetta ” Legge dei principi” che fissava negli anni ‘70 del secolo scorso i compiti delle Forze Armate elencava infatti, dopo la difesa vera e propria il concorso alle forze dell’ordine in caso di necessità.
Un principio che trovò una estesa applicazione negli ” anni di piombo”, allorchè i soldati vennero utilizzati per conferire spessore e potenziale intensità di fuoco ai posti di blocco, nonché per sostituire poliziotti e carabinieri in compiti secondari in modo da permettere loro di dedicarsi pienamente al nucleo duro delle funzioni di istituto.
A partire dagli anni ‘80 poi, cioè dal momento in cui l’Italia ricomincio a proiettarsi oltre le frontiere nel quadro della gestione internazionale delle crisi, i Carabinieri si videro affidare sempre più di frequente compiti intesi a coprire la zona grigia del peacekeeping. L’articolo completo prosegue qui >>> https://www.analisidifesa.it/2018/11/quella-linea-sempre-piu-sottile-tra-difesa-e-sicurezza-interna/