Guerre: Bosnia 1992, quell’aereo italiano abbattuto nei cieli di Sarajevo

Roma, 04 Set 2020 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Pietro Aleotti – A distanza di anni la ricostruzione delle responsabilità di quell’atto non è ancora semplice e permangono tuttora ampi margini di dubbio. Segue. – È il maggiore Marco Betti ai comandi del G-222 del 98° gruppo della 46° aerobrigata dell’Aeronautica Militare Italiana, nome in codice Lyra 34. Ed è lui che, in contatto con la torre di controllo di Martina Franca, affida alla radio di bordo le sue ultime drammatiche parole: “siamo in grave difficoltà”.

Sono le 13.15 del 3 settembre 1992: il biturbo ad elica perde dapprima la coda avvitandosi sul proprio asse longitudinale, poi un’ala, quella sinistra. Infine la destra. Diventa incontrollabile, precipita verticalmente al suolo sulle pendici del monte Zec presso Fojnica a trenta chilometri da Sarajevo, dove era diretto.

Con il maggiore Betti perdono la vita anche gli altri tre componenti dell’equipaggio, il secondo pilota Marco Rigliaco, e i tecnici di bordo, entrambi marescialli, Giuseppe Buttaglieri e Giuliano Velardi.

Il ponte aereo. Sarajevo non è una città come le altre in quel momento storico. È una città sotto assedio, da mesi, e in quella condizione vi rimarrà ancora per anni, tenuta sotto scacco dalle truppe del generale serbo-bosniaco Ratko Mladic, fino a “guadagnarsi” il poco lusinghiero primato di assedio più lungo della storia moderna, con le sue cicatrici ancora ben visibili.

Neanche la missione degli aviatori italiani è una missione come le altre: partito da Spalato un’ora prima il volo fa parte, infatti, di un ponte aereo organizzato dall’ONU in ottemperanza alla risoluzione 761 del 29 giugno 1992 per sostenere la popolazione bosniaca stremata dal conflitto. L’articolo completo prosegue qui >>> https://www.eastjournal.net/archives/109356

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