Roma, 23 Lug 2021 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Gian Micalessin – Dietro il repentino ripiegamento qualcuno intravvede il tentativo di trasformare i talebani in nuovi alleati e resuscitare una strategia anti-russa già sperimentata, con effetti devastanti, alla fine degli anni 90. (Segue articolo). – Un’intesa rivolta a favorire gli interessi energetici statunitensi e destabilizzare le regioni circostanti l’Afghanistan. Più i talebani avanzano e più il sospetto cresce.
Soprattutto a Mosca. Il primo a farlo a capire è un diplomatico di lungo corso come Sergey Lavrov. “Malauguratamente negli ultimi giorni stiamo assistendo a una repentino degrado della situazione…c’è il rischio concreto che l’instabilità tracimi nei paesi vicini” – sostiene il ministro degli esteri russo.
Nelle sue parole c’è qualcosa di più della semplice preoccupazione per un ritiro americano che minaccia di restituire l’Afghanistan ai talebani entro pochi mesi. Lavrov, come altri osservatori, teme che dietro il caos afghano ci sia qualcosa di più premeditato dell’apparente noncuranza con cui Washington sta abbandonando gli alleati di Kabul e archiviando la guerra più lunga della propria storia. Una guerra costata la vita di oltre 2400 militari e di circa 2mila300 miliardi di dollari.
Dietro il repentino ripiegamento qualcuno intravvede il tentativo di trasformare i talebani in nuovi alleati e resuscitare una strategia anti-russa già sperimentata, con effetti devastanti, alla fine degli anni 90.
A moltiplicare quei timori contribuiscono la presenza e le mosse di Zalmay Khalilzad, l’inviato per l’Afghanistan nominato da Donald Trump e confermato da Joe Biden, considerato il vero fautore delle intese con i talebani. L’articolo completo prosegue qui >>> https://it.sputniknews.com/20210722/kabul-i-sospetti-sul-ritiro-usa-12224636.html