Genova, 08 Mag 2018 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Marco Grasso – C’è un incubo ricorrente che lo insegue ancora oggi: «Sogno di andare a lavorare dentro la torre. Cammino nel buio, fianco a fianco ai miei colleghi morti. Ci osserviamo senza aprire bocca. È un cammino ineluttabile: io so che l’edificio crollerà, eppure vado avanti lo stesso. Questo pensiero fisso mi immobilizza, mi fa sprofondare ogni volta nell’ansia e nella paura. Chi sopravvive a un evento simile non torna più indietro. I miei sensi sono cambiati. La minima scossa mi provoca attacchi di panico ». I sopravvissuti estromessi dalla capitaneria. L’inferno dei sopravvissuti è un lungo silenzio. Un supplizio che fa assomigliare un giorno all’altro, notti che risvegliano fantasmi, rumori impercettibili, come le lancette di un orologio, che possono tenere svegli per notti intere. Giorgio Meo oggi ha 39 anni, una moglie e un figlio. La domenica lo porta a Messa, «dove dedico un pensiero a chi non c’è più», e poi al campo di pallone, dove allena altri bambini e cerca un po’ di pace. Ha provato a rientrare al suo lavoro, in capitaneria di porto: «Dopo un anno di malattia – racconta – nell’estate del 2014 sono stato trasferito nella mia città, Sanremo. Ricordo il primo giorno di lavoro, il brivido di rimettere la divisa. Mi tremava la mano, era la prima volta dopo quella notte. I primi mesi sono andati bene, mi sono buttato nel lavoro. Poi sono cominciati i problemi. Soprattutto quando dovevo fare la guardia, e passare la notte nell’alloggio di servizio. Mi sono tornate le ansie, questo ha avuto effetti su chi mi stava intorno». L’articolo completo prosegue qui >>> http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2018/05/07/ACTUaLaD-compagni_inferno_cinque.shtml
Torre Piloti, 5 anni dopo: «Sogno i miei compagni e rivivo l’inferno del crollo»
Articolo Precedente: Lavoro di Stato