IL SENATO PEGGIORA LA PESSIMA LEGGE SUI SINDACATI MILITARI

Roma, 31 Ott 2021 – Riceviamo e pubblichiamo.

Questa settimana si è concluso in commissione difesa del Senato l’esame del ddl 1893 in materia di esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare. Il testo approvato dalla commissione dimostra come questa maggioranza (PD, M5S, LEGA, FI, IV), sempre pronta a parole a schierarsi dalla parte dei militari e delle forze dell’ordine, non sia disposta a concedere nulla quando si tratta di garantire i diritti del personale.

In commissione sono stati bocciati la maggior parte dei miei emendamenti che proponevano di eliminare le tante criticità del testo base approvato alla Camera, delle quali elenco solo quelle più macroscopiche.

Art. 1 – Esclusione dal diritto di libera organizzazione sindacale del personale in congedo (sia della riserva, sia del congedo assoluto); è stata bocciata anche la proposta di garantirne almeno la possibilità di iscrizione, escludendo la possibilità di candidatura alle cariche interne al sindacato;
Art. 3 – Necessità per i sindacati di ottenere l’autorizzazione ad operare dagli stessi ministeri (Difesa e MEF) potenzialmente in conflitto di interessi; peraltro gli stessi ministeri possono decidere per la decadenza del sindacato successivamente all’autorizzazione;
Art. 4 – Previsione che gli iscritti al sindacato di una singola categoria non possano superare il 75 per cento degli iscritti totali (con evidente possibilità di esclusione di personale che pur volendo iscriversi non potrà farlo una volta superata tale quota);
Art. 5 – Materie di competenza dei sindacati militari estremamente ridotte; non si tratta delle materie oggetto di contrattazione, ma di quelle di cui il sindacato può interessarsi o fare proposte, in pratica si vuole un sindacato che non sindachi;
Art. 6 – Articolazioni periferiche dei sindacati che non possono dialogare con il comandante al proprio livello territoriale (peggio degli attuali COBAR);
Art. 8 – Limitazioni alle candidature per le cariche direttive interne ai sindacati, che escludono gran parte del personale, incidendo profondamente sulla libertà organizzativa del sindacato costituzionalmente garantita;
Art. 8 – Limitazioni alla durata delle cariche e alla possibilità di rielezione;
Art. 9 – Limitazioni sulla durata dei distacchi per i militari eletti alle cariche interne;
Art. 11 – Esclusione dalle materie di contrattazione dei criteri per l’articolazione dell’orario di lavoro obbligatorio giornaliero e settimanale e dei turni di servizio (materia prevista per la contrattazione delle Forze di polizia ad ordinamento civile), delle misure per incentivare l’efficienza del servizio e dei criteri di massima per l’aggiornamento professionale (previste per la contrattazione dei dirigenti civili e militari, per il personale non dirigenziale civile, ma non per il personale non dirigenziale militare);
Art. 13 – Calcolo della rappresentatività sulla forza effettiva e non su quella sindacalizzata (cosa che potrebbe determinare l’assenza della parte sindacale al tavolo negoziale);
Art. 14 – Possibilità per le amministrazioni di trasferire il rappresentante sindacale (anche di un sindacato rappresentativo) per incompatibilità ambientale (provvedimento altamente discrezionale);
Art. 17 – Riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo (invece che al giudice del lavoro) delle controversie in ambito sindacale, peraltro previo versamento per il ricorrente del contributo unificato pari ad euro 650 (il ricorso al giudice del lavoro sarebbe gratuito).

Alcuni emendamenti approvati ottengono addirittura il risultato di peggiorarne il testo base, introducendo ulteriori restrizioni.

Con l’approvazione dell’emendamento 16.100 (testo 2) si stabilisce che i distacchi e i permessi sindacali non saranno ripartiti prima della prossima contrattazione che non avverrà prima che siano trascorsi altri 3 anni.
Con l’emendamento 4.8 viene esclusa, tra l’altro, la possibilità per i sindacati militari di poter stringere convenzioni con patronati anche per l’assistenza fiscale nei confronti dei propri iscritti.

Con l’emendamento 14.1 si toglie ogni forma di tutela ai dirigenti dei sindacati non rappresentativi (sono anche perseguibili in via disciplinare per le opinioni espresse, né possono inviare comunicazioni scritte al personale militare sulle materie di loro competenza o visitare le strutture e i reparti militari presso i quali opera il personale da essi rappresentato).

Mi sembra chiara la volontà politica di approvare una legge che formalmente permetta ai militari di organizzarsi in sindacati, senza che gli stessi possano, di fatto, svolgere attività sindacale.

Senatore Dino Mininno

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