L’Esercito, lo Stato e la cultura della Difesa. Il punto di Stefano Vespa

Roma, 26 Gen 2020 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Stefano Vespa – La cultura della Difesa dovrebbe far capire che gli investimenti in ricerca e sviluppo sono produttivi non solo per il settore della Difesa ma anche come profitti, occupazione, entrate per lo Stato. Segue. – La cultura della Difesa (che per essere compresa basterebbe con la “d” minuscola) è un tema noioso, respingente, considerato pleonastico.

Da più di vent’anni, con l’aumento delle missioni internazionali e le tante vittime subite, le Forze armate sono entrate nell’immaginario collettivo: belle, brave, apprezzate in tutto il mondo. Però costano. Perché difendere lo Stato e i suoi interessi costa e non tutto si può fare a pizza e fichi nonostante l’inventiva italica.

Il primo convegno del Centro studi Esercito ha gettato un bel sasso nello stagno perché in modo inconfutabile, numeri alla mano, ha dimostrato che la forza terrestre ha bisogno di investimenti certi che il generale Salvatore Farina, capo di Stato maggiore, ha quantificato in 5 miliardi nei prossimi 5-6 anni in aggiunta ai programmi già finanziati. Somma alta solo all’apparenza perché è il minimo necessario.

Farina non è il primo. Si parla da tempo della necessità di una legge ad hoc, simile alle scelte fatte in favore dell’Aeronautica e della Marina, e l’ostacolo maggiore non è rappresentato tanto dalla situazione economica generale, visto che anch’essa è cambiata negli anni, quanto dall’ignoranza di buona parte della classe politica insieme con una quota di pacifismo che continua a confondere la difesa degli interessi nazionali, e le Forze armate come strumento di politica estera, con l’essere guerrafondai. L’articolo completo prosegue qui >>> https://formiche.net/2020/01/esercito-stato-cultura-difesa/

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