Coronavirus: Le Unità speciali di continuità assistenziale sono attive solo in 12 Regioni

Roma, 13 Apr 2020 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Luciano Fassari – A loro il compito di assistere i positivi a casa. (Segue articolo). – Sono state previste dal Decreto legge 14/20 del 9 marzo e dovevano essere attivate entro 10 giorni da quella data.

Ma la realtà è che le Unità speciali di continuità assistenziali (Usca) ad oggi sono state attivate da 12 Regioni su 21 e come consuetudine, ognuna ha scelto una strada diversa, come rileva il sindacato dei medici di famiglia Fimmg in una indagine sulla situazione nelle varie Regioni effettuata in collaborazione con Quotidiano Sanità.

Ad oggi le Usca risultano attive in Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Campania, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Valle d’Aosta, Sicilia, Toscana e Veneto.

Ma facciamo prima un passo indietro e chiariamo cosa sono le Usca e cosa prevedeva il Decreto legge. Le Usca vanno istituite presso una sede di continuità assistenziale già esistente e ne dev’essere costituita una ogni 50.000 abitanti (anche se le Regioni nelle loro linee guida lasciano margini di discrezionalità in considerazioni delle differenze territoriali).

Il loro compito è la gestione domiciliare (consulto telefonico, video consulto, visite domiciliari) dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero che stando agli ultimi dati sono quasi 70mila persone.

Insomma, le Usca dovrebbero avere il compito di essere le sentinelle sul territorio per monitare i pazienti affetti da Covid.

L’unità speciale dev’essere costituita da un numero di medici pari a quelli già presenti nella sede di continuità assistenziale prescelta. L’articolo completo prosegue qui >>> http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=83945

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