Il presente del Libano: Intervista a Gabriele Iacovino, direttore del Centro studi internazionale (Ce.SI)

Roma, 12 Ago 2020 – (Pubblichiamo un estratto del seguente articolo da leggere nella sua completezza collegandosi al link indicato a fine paragrafo) – di Federica Zoja – “Il Libano rimane vittima di sé stesso, di un sistema di divisione del potere fra comunità (sunnita, sciita, cristiana)”. Segue. – Eventi come l’incidente di una settimana fa «velocizzano e fanno precipitare» una crisi politico-istituzionale in corso da anni. Gabriele Iacovino, direttore del Centro studi internazionale (Ce.SI), guarda al presente del Libano con amara lucidità: «Quando avviene qualcosa del genere, c’è sempre un margine di incertezza sulle responsabilità.

Io propendo per una deflagrazione accidentale perché, se in un Paese normale una quantità di nitrato di sodio come quella non dovrebbe essere lasciata incustodita, è altrettanto vero che stiamo parlando del Libano. Un Paese afflitto dal malgoverno e paralizzato già da prima della guerra in Siria».

Che cosa aspettarsi dalle manifestazioni di questi giorni? Siamo di fronte a una svolta politica? In Libano i cambiamenti politici avvengono con il bilancino, tenendo sempre presenti equilibri e geometrie fra comunità, e sono sempre il riflesso di ciò che accade altrove. Detto questo, la storia libanese è un susseguirsi di accelerazioni repentine.

Rispetto al passato, però, ci sono delle importanti novità. Niente è più come prima. Sì, è vero. Gli Stati Uniti non ricoprono più il ruolo che avevano in passato in Medio Oriente. I cugini siriani sono, per così, dire, distratti dalle loro vicende interne, irrisolte.

Hezbollah è diventato, con il passare del tempo, un protagonista più regionale che nazionale: il movimento raccoglie consensi fuori dal Paese perché si è concentrato su istanze sciite, meridionali. E di riflesso, in casa non ha più il credito che aveva prima. L’articolo completo prosegue qui >>> https://www.avvenire.it/mondo/pagine/libano-intervista-cesi

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