Verso il sindacato per i militari – Bacheca politica

 

 

VERSO IL SINDACATO PER I MILITARI

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Roma, 2 nov 2012 – La sospensione della leva obbligatoria dal 2001 e il reclutamento del personale femminile dal 2000 hanno introdotto la filosofia del militare di professione ispirato a quanto dispone la Costituzione all’art. 52 comma 3: «l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica».

A queste “nuove” figure professionali occorre dare tutele e forme di organizzazione degli interessi al pari di tutti i lavoratori, nel rispetto sia della specifica condizione militare, sia dei principi costituzionali.

E’ appena il caso di ricordare che a livello di legislazione ordinaria si è verificato il fenomeno della cosiddetta “smilitarizzazione” delle Forze di Polizia, il quale ha comportato l’incremento della democraticità nell’ordinamento nonché della libertà sindacale.

Comunque è paradossale che si debba togliere il nome “militare” ad una forza armata al fine di raggiungere gli obiettivi che la Costituzione impone ed è evidente che l’opera di concretizzazione dello spirito democratico non si è ancora svolta.

In molti Paesi dell’Unione europea la legislazione riconosce ai militari il diritto di associarsi e organizzarsi in sindacato mentre il legislatore italiano ha istituito gli organi di rappresentanza – denominati COBAR, COIR e COCER – subordinandoli alla gerarchia (probabilmente per evitare che il personale interferisca con qualsiasi tipo di decisione dei vertici militari).

Numerose sono le delibere degli organismi di rappresentanza a favore dell’istituzione del sindacato nonchè di abrogazione della rappresentanza militare.

La riforma della rappresentanza militare è una legge molto attesa dal personale militare e da molte legislature si discute senza mai giungere all’approvazione.

Di seguito la breve cronistoria dei diritti costituzionali negati ai militari e la rassegna di tutti i disegni di legge depositati in Parlamento, molti dei quali anacronistici e ben lontani dalle richieste (ispirate ai principi costituzionali) invocate dal personale .

di Antonio De Muro

 

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BREVE CRONISTORIA SUI DIRITTI NEGATI AI MILITARI

6.2.2007 di Enzo Jorfida (Responsabile “ordine democratico e garanzie costituzionali” della Direzione Nazionale del PRC)

Nel tentativo di adeguare le strutture militari alle esigenze della società, l’organizzazione delle Forze armate europee è stata oggetto di continue modifiche.

Le “aspettative sindacali” e le “tentazioni restauratrici” sono state le modalità con le quali la nazioni del continente hanno affrontato diversamente la questione militare.

Generalmente le “aspettative sindacali” sono mosse dalla prospettiva di ristrutturare le Forze armate introducendo tecnicità, managerialità ed incentivazioni economiche, il tutto anche attraverso l’esercizio della contrattazione collettiva e la piena integrazione con la società civile, molte volte accompagnata certamente dalla sfiducia verso le alte gerarchie militari vista le loro “tentazioni restauratrici” che fanno della retorica difesa militare della Patria il perno su cui dare continuità alla separazione dei militari dalla società sul terreno dei bisogni e dei diritti.

Mentre Francia ed USA, paesi di grande rilevanza strategica, hanno scelto la mediazione tra restaurazione e spinte sindacali, quasi tutti i Paesi europei, ad eccezione di Grecia, Spagna e Portogallo, hanno aperto le porte alla sindacalizzazione.

La peculiarità dell’Italia sta nella forte contraddizione esistente tra la restaurazione tout-court e la pressante spinta democratica degli operatori per il diritto alla sindacalizzazione.

Il movimento riformatore italiano nasce nel 1950 allorquando furono create sei associazioni composte da personale in congedo. Nel 1969 nacque il periodico “L’aiutante ufficiale”, un quindicinale delle forze armate che elaborò una iniziativa la quale portò alla costituzione della prima associazione in cui confluirono sia i quadri in congedo che quelli in servizio, denominata ANAM (associazione nazionale dell’aeronautica militare).

Sin dalla nascita le sue tendenze erano spiccatamente sindacali. Nel 1972 il giornale venne ridenominato “Il giornale dei militari” e l’ANAM si trasformo in SINAM (Sindacato Nazionale Aeronautica Militare).

Nel frattempo in Europa nasceva l’EUROMIL: l’organizzazione europea che oggi riunisce ben 26 associazioni sindacali di 17 paesi d’Europa. L’obiettivo della piena sindacalizzazione militare italiana sembrava allora alle porte.

Ma le alte sfere della gerarchia militare e talune parti politiche non persero occasione per creare un movimento di opinione che andasse in direzione opposta ai diritti sindacali.

Il Corriere della Sera, La Stampa e Panorama, rappresentarono negativamente il processo di sindacalizzazione di quei Paesi europei che sperimentavano processi di riforma democratica.

Malgrado ciò, il 12 ottobre del 1972 l’On. Nicolazzi esternò all’allora Ministro della Difesa Tanassi l’esigenza di dare tutela ai militari. Attraverso rappresentanze viste anche quali strumenti partecipativi atte a rivalutare la scaduta immagine delle Forze armate.

Il 4 maggio del 1973 il Sen. Spora presentò un disegno di legge per la sindacalizzazione dei militari, causando non pochi dibattiti e scontri politici. Definendo un’offesa alla democrazia la difesa d’ufficio che i cittadini militari ricevevano dallo Stato a protezione dei loro diritti di lavoratori, e denunciando la triplice veste di datore di lavoro, di rappresentante delle istanze e di censore dello Stato, il disegno di legge non prevedeva alcuna limitazione associativa sindacale.

Nel 1975 nacque il movimento democratico prima dei sottufficiali e poi di tutti i militari. La prima manifestazione avvenne nel settembre del 1975 a Treviso ove 600 militari in divisa scesero in piazza per protestare contro l’arresto del sergente Soggiu, che in Roma aveva depositato, con altri colleghi e senza autorizzazione, una corona di fiori al milite ignoto.

Successive manifestazioni avvennero a Mestre e Milano con afflusso di 1500 e 5000 militari.

In quell’anno il parlamento incaricò una commissione interministeriale di elaborare una bozza per la riscrittura del regolamento di disciplina militare, che risaliva al 1964.

Tra il 1975 ed il 1978 però si ebbe uno dei periodi più bui della storia del nostro Paese. La sfida del terrorismo, l’instabilità politica, l’uccisione del Procuratore Generale della Repubblica Coco e gli uomini della scorta, la fuga di Kappler, l’economia nazionale vacillante con l’inflazione giunta al 22%, gli scandali politici, i servizi segreti deviati, e l’uccisione di Moro e degli uomini della scorta.

E’ in questo clima che nasce la legge 382/78 sulle “Norme di principio della disciplina militare”, ed è questo clima che le mediazioni parlamentari subiscono nell’approvare la legge, la quale evidenzia subito i limiti e le mancate risposte ai militari sul terreno della democratizzazione.

Sulla base delle esperienze trentennali vissute dalle rappresentanze militari, si può affermare che l’equivoco nasce dal come è stato impostato l’art.18 della legge 382/78 e poi, successivamente, dalle restrizioni operate dai regolamenti attuativi ed interni delle rappresentanze militari, i quali pretendono di regolamentare le attività di tutela applicando il principio della disciplina militare che, come si sa, è l’esatto opposto di una rappresentanza democratica, libera e volontaria, senza quale non è possibile esercitare nessuna tutela. Ecco perché gli organi di rappresentanza previsti dalla 382 non potranno mai garantire tutela, soprattutto quelle individuali.

Persino gli stessi organismi militari, nel corso della loro attività, hanno manifestato l’inadeguatezza degli strumenti a loro disposizione. E sono ormai molti i delegati che ufficiosamente denunciano il completo controllo che i vertici militari esercitano sulle rappresentanze ad ogni livello, attraverso l’organizzazione della sudditanza psicologica, le intimidazioni, le minacce di trasferimento e le ritorsioni.

Cosicché l’articolo 1 della legge 382/78, e cioè che “Le forze armate si informano ai principi costituzionali”, viene ad assumere un significato solamente propagandistico.

La denuncia sulle contraddizioni esistenti tra la 382 e diritti costituzionali italiani e sulle difformità tra legislazione nazionale e i dettati Europei, è esemplarmente sottolineata nel parere espresso dalla CGIL al Consiglio d’Europa attraverso la Confederazione Europea Sindacale.

In quel parere emerge con chiarezza che la 382 non è la carta dei diritti ma solo dei doveri, producendo in tal modo le profonde differenze che intercorrono tra una normale organizzazione sindacale e la rappresentanza militare.

Mentre il sindacato consente la tutela globale e individuale degli interessi dei lavoratori, la rappresentanza non garantisce, non la tutela sindacale, ma nemmeno quella legale, in quanto questa attività è bandita e considerata come attività sovversiva, in pieno contrasto con i più elementari diritti costituzionali.

Se il sindacato garantisce l’intervento in ogni fase del rapporto di impiego, la rappresentanza militare non lo può fare in qualsiasi fase, non parliamo poi delle rigide esclusioni dei soli pareri relativi alle materie riguardanti l’ordinamento, l’addestramento, le operazioni, il settore logistico-operativo, il rapporto gerarchico-funzionale, l’impiego del personale.

Il solo ruolo concertativo della rappresentanza, esercitato senza nessun possibile ricorso alla mobilitazione, non gli dà nemmeno il potere di siglare le intese contrattuali: la contrattazione centrale e decentrata diventa così un funzione assunta dai Comandi.

L’assenza di una qualsiasi autonomia economica mette la rappresentanza alla totale dipendenza delle gerarchie militari che devono autorizzare o meno le spese della rappresentanza militare. Si proibisce di fatto il rapporto dialettico tra militari e società.

In qualsiasi momento poi la gerarchia militare può intraprendere un’azione disciplinare per far cessare dal mandato quel rappresentante scomodo. Ne fa testo il caso di un Maresciallo dei Carabinieri che, impegnato nell’opera di democratizzazione dell’Arma, 15 giorni prima delle elezioni della rappresentanza è stato punito con la consegna di rigore per escluderlo dalle consultazioni elettorali.

Con la proibizione del rapporto tra rappresentanti e rappresentati e in mancanza dell’istituto della sfiducia per ragioni sindacali, i Cocer sono costretti a rappresentare solo se stessi, ed è per questo che non devono dare conto alla base ma ai vertici militari del loro operato.

Il tutto con un costo enorme per lo Stato, ed ecco allora come importanti apparati e loro rappresentanze, che dovrebbero garantire moralità alla cosa pubblica, inconsapevolmente e nei fatti diventano complici di uno Stato inefficiente e dispendioso.

Malgrado tutto ciò, oggi però il livello culturale degli appartenenti alle Forze armate si è elevato; la globalizzazione delle informazioni, la partecipazione dei militari alla vita sociale del Paese attraverso il volontariato associativo ha contribuito a determinare una nuova figura del militare, non più disposto a soggiacere alle privazioni e alle ghettizzazioni da cittadino di serie B.

Le iniziative delle associazioni volontarie hanno portato ad incrociare diversamente la questione militare con la politica, la giustizia amministrativa e a volte anche con quella penale.

Con la nascita, a partire dal 1993, di associazioni dalle finalità culturali, sociali e professionali vere sul piano progettuale, quali UNARMA per i carabinieri, l’Assodipro per le Forze armate, Il Centro per la Finanza; poi ancora più di recente l’AMiD (Forze armate) e FiCiEsse (Guardia di Finanza), che rappresentano più di 25.000 uomini, si è costituito un nuovo fronte per la democrazia delle Forze Armate.

Più volte hanno tentato di colpire non solo le aspettative di sindacalizzazione, ma anche il libero diritto associativo riconosciuto dalla Costituzione, individuando eversivamente in esso il nemico culturale attraverso il quale può passare il “pericolo” dell’allargamento dell’area dei diritti.

E’ la nuova spinta associativa, e il sostegno sindacale che riceve, che induce le forze restauratrici capeggiate dai vertici militari a contrapporsi cocciutamente alla nuova realtà che sta emergendo, contando a volte purtroppo su fiancheggiamenti di sentenze emesse più politiche conservative che giuridiche.

Per fare questo però i vertici militari godono della compiacenza dei responsabili di Governo che, privi di motivazioni politiche, giuridiche e costituzionali, preferiscono trincerarsi dietro al luogo comune “che i militari devono assolvere particolari e delicati compiti!”, e che quindi le forme di rappresentanza non devono minare la coesione disciplinare delle Forze armate.

Ciò che invece serve per il paese tutto e non solo ai militari, è una logica autonomia del potere legislativo e esecutivo rispetto a quello amministrativo, a partire naturalmente dai Ministri e dai Sottosegretari, a volte eccessivamente sensibili al dire dei vertici militari.

Se queste logiche politiche italiane avessero una ragione, allora l’Euromil, l’organizzazione sindacale Europea dei militari che riunisce 26 associazioni e sindacati di ben 17 paesi europei, non dovrebbe esistere e andrebbe sciolta immediatamente.

Ma l’Euromil è il vaso di Pandora dei militari di tutta Europa.

Mr Rotboll è l’attuale Presidente dell’Euromil, l’anima, il fondatore della più grande struttura associativa militare del mondo in cui diritti e doveri si armonizzano perfettamente con lo stile e l’essere militare. L’Euromil è accreditata presso il consiglio d’Europa, partecipa alle riunioni con la Nato, ha incontrato il Segretario dell’ONU e contribuisce in modo determinante alla coesione dei militari europei nell’ambito progetto di fratellanza e di pace.

Nel nostro paese gli stessi magistrati, dai compiti notoriamente più delicati dei nostri, sono liberamente associati in libere e volontarie organizzazioni che è difficile definire non di tutela della categoria, da qui il rammarico totale dei militari che però continuano imperterriti ad animare proposte.

Per questo la battaglia stimola e preoccupa  quanti vogliono il sindacato anche per i militari ma è una battaglia che appassiona nello stesso tempo. A chi vuol riportare indietro nel tempo questo movimento và risposto che ora il movimento per la sindacalizzazione( e quindi per la democratizzazione) delle Forze armate è meno solo e quindi è più forte di prima.

La relativa inesperienza di questo movimento oggi ha il sostegno dalla scesa in campo delle grandi associazioni sindacali, delle testate editoriali, militari e non, di onorevoli, senatori e semplici cittadini, La più grande confederazione sindacale del Paese, la CGIL, ha sancito il suo impegno.

Una democrazia che basa le sue fondamenta sulla libertà sindacale, la libertà ed il rispetto delle libertà degli altri, la libertà di partecipazione nella vita politica e sociale del Paese. In sintesi la libertà di uomo che può e deve conciliarsi con l’essere militare la cui condizione deve essere riabilitata e promossa a cittadino di Serie A. E’ con queste motivazioni che Deputati e Senatori del PRC hanno presentato specifici disegni di legge per la sindacalizzazione delle forze armate italiane. In Europa questi diritti sono presenti nella gran parte dei Paesi dell’UE compresi quelli di più recente ingresso.

E’ con questo spirito che deputati e senatori del PRC continueranno a visitare i luoghi dove vivono i militari,parlare con le loro rappresentanze e con gli uomini e le donne con le stellette per conoscere sempre di più e meglio i loro problemi quotidiani e cercare di risolverli per quanto spetta all’iniziativa legislativa.

 

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Tutti i DDL, della XVI legislatura, sulla riforma della rappresentanza militare.

 

• C. 138 On. Filippo Ascierto (PdL) e altri Nuove norme in materia di rappresentanza dei militari
29/04/2008: Presentato alla Camera
12/05/2009: (assegnato non ancora iniziato l’esame)

• C. 1886 On. Carmelo Lo Monte (Misto, MpA) e altri Norme sulla tutela della libertà e della dignità dei lavoratori militari e sulla tutela e la rappresentanza degli interessi economici e normativi del personale militare
10/11/2008: Presentato alla Camera
05/02/2009: (assegnato non ancora iniziato l’esame)

• C. 3414 On. Maurizio Turco (PD) e altri Abrogazione degli articoli 8, 18, 19 e 20 della legge 11 luglio 1978, n.382, e altre disposizioni in materia di disciplina e di rappresentanza militare
21/04/2010: Presentato alla Camera
06/05/2010: (assegnato non ancora iniziato l’esame)

• C. 4179 On. Raisi (PD) Riforma della rappresentanza militare
15/03/2011: Presentato alla Camera
27/04/2011: (assegnato non ancora iniziato l’esame)

• S. 161 Sen. Luigi Ramponi (PdL) Ordinamento della rappresentanza militare
29/04/2008: Presentato al Senato
27/10/2010: (in corso di esame in commissione)

• S. 1157 Sen. Roberta Pinotti (PD) e altri Norme di principio sulla rappresentanza militare
24/10/2008: Presentato al Senato
27/10/2010: (in corso di esame in commissione)

• S. 1510 Sen. Giovanni Torri (LNP) e altri Delega al Governo per riformare le rappresentanze militari
15/04/2009: Presentato al Senato
27/10/2010: (in corso di esame in commissione)

• S. 2125 Sen. Marco Perduca (PD) e altri Nuove norme in materia di rappresentanza dei militari
21/04/2010: Presentato al Senato
27/10/2010: (in corso di esame in commissione)

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